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Mangiare, un atto sostenibile

Mangiare, un atto sostenibile

La richiesta globale di cibo genera, attualmente, dal 22 al 37% di emissioni di gas serra e questo significa che i processi rivolti a un cambio delle abitudini alimentari devono cambiare ancor più rapidamente da quanto è stato fatto finora. Riduzione degli sprechi, coltivazioni urbane, prodotti plant-based e progetti sostenibili sono i trend di un movimento che vuole rendere il cibo più rispettoso dell’ambiente. Questo significa, e lo affrontiamo bene in questo numero, che anche le tradizioni sono destinate a vivere un cambiamento epocale, dove per tradizione significa anche mangiare più del dovuto cibi pesanti, con molti grassi.
Sono ormai diversi gli chef e i ristoranti che stanno proponendo menu in grado di contenere costi superiori alla media, preparazioni complicate, eccessi di spreco che si risolvono anche con materie prime dove tutto, seppur con ricette diverse, è utilizzabile.Sono ristoranti che guardano al futuro, del pianeta, della salute umana e degli stessi animali, che prestano attenzione ad un comportamento etico che tenga conto non solo del loro profitto ma dei problemi e delle opportunità dell’intera filiera, compresi noi distributori che siamo un forte anello di congiunzione tra i ristoratori e le aziende produttrici.

Mangiare, un atto sostenibile
Cosa significa tutto questo? Ristoratori che sono imprenditori, aziende produttrici che lavorano con una particolare attenzione a risolvere anche le problematiche che, mai come oggi, coinvolgono la ristorazione.
Prendiamo, ad esempio, la carenza di personale che sta creando serie difficoltà nelle cucine di tutta Italia; avere un’azienda produttrice che, ferma restando la qualità delle materie prime, produce con il minor numero possibile di scarti permette al ristoratore o allo chef di poter lavorare anche se il personale è ridotto.

E il distributore può e deve andare incontro alle soluzioni e proporle al proprio cliente. Solo in questo modo si potrà portare avanti una ristorazione di cui, pandemia a parte, ci sarà sempre più bisogno.
Le aziende produttrici devono pensare che la cucina di casa avrà sempre meno appeal; lavorare in due in famiglia è stato l’inizio di questo processo inarrestabile, ed eravamo negli anni ’70 del secolo scorso. Da allora il tempo ai fornelli si è ridotto dalle tre ore giornaliere agli attuali 30 minuti, mentre è cresciuta, senza soluzione di continuità, l’abitudine a mangiare fuori. Nel 2019, l’anno precedente alla pandemia, i consumi fuori casa in Italia valevano 86 miliardi di euro e rappresentavano il 35,7% del totale. Una crescita costante, anno dopo anno, che non si è mai arrestata e che, l’estate trascorsa lo ha dimostrato, riprenderà ancora.
Ma a questa ripresa occorre arrivare preparati. Le persone stanno dimostrando una maggiore sensibilità all’ambiente, sono aumentati atteggiamenti in favore di questo, anche per quanto riguarda il cibo. È necessario che questi nuovi comportamenti si riproducano a tutti i livelli della filiera alimentare, dal campo alla tavola. Solo così riusciremo in un’impresa fondamentale: salvare il pianeta, l’unica cosa certa che ci rimane, vivere dove siamo nati, su questa terra. Sarà così per miliardi di esseri umani, nonostante si pensi ai viaggi spaziali e ad altre forme di vita.



Benhur Tondini

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