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Le antinomie della ristorazione

Le antinomie della ristorazione
Oggi riportiamo l’analisi di Luigi Franchi, direttore di Sala&Cucina Magazine, sull’andamento della ristorazione in Italia. Un settore che, se da un lato enuncia dati positivi in termini di fatturato, dall’altro si palesa con tantissime chiusure di attività di ristorazione.

L’estate appena trascorsa ha evidenziato le contraddizioni più forti nel settore della ristorazione: mestieri tra i più richiesti come cuoco e cameriere bollati come lavori che nessuno vuole più fare, secondo un’analisi di Quifinanza; chiusure che surclassano le aperture. Uno scenario in linea con quello della società in cui stiamo vivendo, soggetta a trasformazioni così profonde e ancora così poco percebili che non siamo ancora del tutto in grado di comprendere.
Secondo i dati elaborati da FIPE - Federazione Italiana Pubblici Esercizi, l’estate 2019 ha creato 1.341.000 posti di lavoro nel settore turistico e dei pubblici esercizi, citando le attività più coinvolte: ristoranti, bar, stabilimenti balneari e discoteche.
I prezzi sono rimasti stabili nei ristoranti e nelle pizzerie: la variazione è dello 0,1% rispetto al mese precedente e dell’1,4% rispetto allo stesso mese di un anno fa. Complessivamente durante l’estate gli italiani in vacanza hanno speso una media di 779 euro, di cui il 30% destinato al cibo, con preferenze di consumo al ristorante (36%), agriturismo (12%), mentre uno su tre ha mangiato nella casa presa in affitto. Il dato più eclatante è che tre italiani su quattro (72%) in vacanza preferiscono consumare prodotti tipici del posto per conoscere le realtà enogastronomiche del luogo e che per il 53% degli italiani la tavola è uno dei principali criteri su cui basare la propria scelta di destinazione.

“Tra il livello medio dell’occupazione nei quattro mesi estivi, da giugno a settembre, e il livello medio dell’occupazione durante tutto l’anno c’è uno scarto di oltre 105mila unità, pari al 13% - dichiara il presidente di Fipe Lino Stoppani - Si tratta di numeri importanti che confermano come i nostri settori di riferimento rappresentino un vero e proprio traino per l’occupazione in Italia, anche nei mesi estivi. Tuttavia, ci sono ancora margini di miglioramento, se consideriamo che per un imprenditore su quattro resta difficile reperire le figure professionali richieste”.
Le antinomie della ristorazione
Eppure…
Eppure questi dati entrano in contraddizione con il principale dei problemi che riguarda la ristorazione, come evidenzia Alex Bartolocci, esperto di marketing: “Nel 2018 in Italia sono 7.412 i ristoranti che hanno avviato l’attività e 13.742 i ristoranti che l’hanno cessata, con una perdita secca di 6.330 imprese di ristorazione. Un dato peggiore del 2017, quando il saldo negativo tra imprese aperte e chiuse nella ristorazione è stato di 6.051 unità. A registrare questi dati la FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi. Un trend negativo negli anni dunque, che vede sempre meno ristoranti nel nostro paese, con un tasso di turnover pari a -3,4% che indica che il settore sta perdendo 3,4 imprese ogni 100 attive. Le chiusure in Italia sono dovute essenzialmente ad una scarsa capacità imprenditoriale da parte dei ristoratori italiani, con particolare riferimento a carenze su capacità e conoscenze di Management e Marketing” afferma Alex Bartolocci, esperto di Marketing della Ristorazione, creatore di Professione Ristoratore, Scuola di Management e Marketing per i Ristoratori e autore del testo “La Bibbia del Ristoratore di Successo”.
McDonald’s, Autogrill, e le più grandi catene di ristorazione adottano con sapienza strategie in grado di portare clienti nei loro locali. Sistemi di marketing che anche i più piccoli ristoratori oggi devono imparare ad implementare nelle loro attività se vogliono rimanere in piedi e prosperare. In dettaglio per i ristoranti oggi è necessario mettere in piedi un processo di marketing scientifico in grado di garantire numeri certi al ristorante. - spiega Alex Bartolocci - Un ristorante, come qualsiasi altra azienda, per sopravvivere ha bisogno continuamente di nuovi clienti in target, della capacità di farli acquistare il più spesso possibile e di massimizzare gli utili. I ristoratori italiani, bravissimi nel creare un’offerta qualitativamente eccellente, mancano spesso della capacità di vendere tale offerta, nonostante il settore, come già detto, veda in aumento gli acquisti fuori casa da parte dei clienti del nostro paese”.

Bartolocci ha ideato un sistema di marketing, chiamato Restaurant Funnel System, una sorta di imbuto di soddisfazione per il cliente, che ha reso efficace l’approccio e lo propone in corsi che svolge in tutta Italia; basta seguire il sito visitare www.professioneristoratore.it, oppure scrivere una mail a professioneristoratore@gmail.com

Ma non è solo questa la contraddizione…

Ci sono altri aspetti del problema che vanno affrontati, a cominciare dalla formazione e da un corretto rapporto con i fornitori che, per il ristoratore, stanno diventando sempre più partner in termini di conoscenza e servizio.
La formazione diventa essenziale per tutta la filiera, per adeguarsi ai cambiamenti che il settore sta vivendo, dove c’è un cliente che, muovendosi molto di più rispetto a pochi anni fa, è diventato egli stesso un elemento di stimolo per il ristoratore attento. Non c’è più la forte fedeltà al ristorante, oggi il cliente cambia sempre più spesso, sa scegliere e riconoscere un buon cibo, chiede informazioni su tutto, ha differenziato la sua dieta e i suoi gusti e come tale va considerato. Questo richiede un’attenzione diversa, che genera anche un forte stress da parte del ristoratore e del personale, un aspetto che viene ancora troppo sottovalutato e che, trascurandolo, porterà inevitabilmente a errori che spingono verso la chiusura del locale.
La formazione principale dovrebbe avere questo, il controllo dello stress, tra i suoi obiettivi principali.
Poi il rapporto con i fornitori, siano essi agricoltori del territorio piuttosto che distributori del foodservice.
Con i fornitori il rapporto deve incentrarsi sulla fiducia reciproca, sull’essere chiari quando si inizia la collaborazione, basandosi sui bisogni reali del ristorante.
Per questo, a un agente di vendita, oggi viene richiesto un supplemento di impegno nel saper raccontare i prodotti o le materie prime che ha in portafoglio, ma soprattutto viene chiesto di conoscere bene il tipo di cucina che quel determinato ristorante fa, adeguare la proposta ad un miglioramento costante di quella cucina, proporre soluzioni che consentano al ristoratore di non sprecare nulla, per rendere produttiva la sua gestione.
Ancora troppo spesso i costi di gestione della cucina non sono gestiti in maniera trasparente e corretta, adeguando il food cost in maniera scientifica; questo accade per uno scarso dialogo tra le parti che deve essere messo al primo posto.
Anche con questi accorgimenti si diventa imprenditori del proprio ristorante e si evitano chiusure ma anche aperture inappropriate di nuovi locali.

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